Storia, tradizione e curiosità sul panettone

Pubblicato il: 13/11/2017 00:00

Negli anni venti del secolo scorso l’Italia era un paese povero che doveva riprendersi dalla Prima Guerra Mondiale. L’alimentazione della maggior parte della popolazione era basata sui farinacei e sulle verdure mentre la carne era un lusso, come lo era entrare nelle pasticcerie dell’epoca per acquistare un dolce.

Questo non significa che la gente fosse esclusa completamente da questo sapore. In autunno e in inverno giravano per le strade i venditori di caldarroste e castagnaccio, antesignani dello street food come i castagnàtt milanesi. Ma questi erano cibi poveri e a buon mercato che spesso rappresentavano l’unico pasto della giornata e non la sua conclusione o uno spuntino sfizioso.

A Napoli si incontravano invece i venditori ambulanti di sfogliatelle, il più delle volte preparate con farina e zucchero di pessima qualità, uova marce o altri ingredienti avariati a cui venivano aggiunti come ripieno avanzi di frutta o di conserve. Oggi nessuno le toccherebbe ma a quei tempi andavano a ruba perché costavano poco, appena un centesimo o al massimo tre se la qualità era superiore alla media, e perché la fame irrobustiva gli anticorpi.

E poi c’erano le feste, con i dolci tradizionali preparati rigorosamente fra le mura domestiche, sempre al prezzo di qualche sacrificio per aggiungere alla lista della spesa zucchero, frutta secca o canditi.

A Natale il dolce che i bambini milanesi si aspettavano di trovare assieme a qualche regalo era il panettone. Una leggenda racconta che sia nato in seguito a un incidente alla corte di Ludovico il Moro nel quindicesimo secolo. Il dolce che doveva essere presentato alla festa di Natale organizzata dal Duca era bruciato nel forno e, non avendo alternative, il pasticcere accettò la proposta di uno sguattero, il Toni, di portare in tavola una pagnotta impastata con uova, burro, canditi e uvetta. Il duca e gli ospiti apprezzarono questo dolce e alla domanda su come si chiamasse il pasticcere rispose l’è il pan del Toni. Un nome che col tempo sarebbe diventato il panettone.

Ma più probabilmente il panettone non era altro che il pane fatto in casa a cui per le feste veniva aggiunto qualche ingrediente per addolcirlo. Ma anche se rappresentava qualcosa di speciale rispetto all’alimentazione quotidiana, a cui si aggiungevano anche delle connotazioni sacre come la croce che il capofamiglia vi tracciava sopra in segno di benedizione, era comunque poco più di una pagnotta bassa, croccante e a volte mezza bruciacchiata.

Fu proprio negli anni venti che due pasticceri milanesi, Motta e Alemagna, decisero di abbandonare la ricetta tradizionale e di offrire un panettone più alto e soffice, versando l’impasto in una guaina di cartone, la guepiere, che lo sostenesse e gli impedisse di bruciare.

Il successo fu immediato. Le botteghe dei due pasticceri si ampliarono e si moltiplicarono fino all’apertura di due stabilimenti dove i dolci venivano prodotti lungo una catena di montaggio. I prezzi scesero e tante famiglie abbandonarono la preparazione domestica per comprare il panettone già pronto. E la fama arrivò anche all’estero, quando Italo Balbo in occasione della crociera aerea del 1933 verso New York imbarcò su uno dei suoi idrovolanti un panettone Motta da dieci chili avvolto in un tricolore.

Alla fine degli anni cinquanta i loghi della Motta e dell’Alemagna divennero uno dei simboli del boom economico. Il panettone non era più soltanto un dolce ma anche un articolo da regalo da offrire in eleganti scatole di latta assieme a vini, spumanti, cioccolata e specialità gastronomiche. Nelle scatole più ricche potevano trovare posto anche altri dolci tradizionali, come il torrone o il panforte, ma con un modesto ruolo secondario. Era il segno che il tipico prodotto milanese era ormai diventato il dolce natalizio di tutti gli italiani.

Oggi è impossibile contare tutte le versioni in cui viene offerto: riempito con ogni genere di crema, glassato, impastato con latte di soia per andare incontro ai vegani, farcito di caviale o ricoperto di scaglie d’oro o d’argento. Un arricchimento del gusto che ne ha tradito il sapore originale. Ed è per frenare questa che appare come una degenerazione che la Camera di Commercio di Milano nel 2003 ha registrato il marchio del Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese, pubblicando un Disciplinare di produzione approvato dal Comitato Tecnico dei Maestri Pasticceri Milanesi.

Le regole sugli ingredienti sono ferree e sono stabilite dall’articolo 3:

Per la produzione del panettone artigianale si utilizzano esclusivamente i seguenti ingredienti:

  • Acqua
  • Farina (proveniente da produttori riconosciuti dal Comitato)
  • Zucchero
  • Uova fresche e/o tuorli pastorizzati
  • Latte pastorizzato e/o latte UHT e/o latte condensato e/o latti fermentati e/o yogurt
  • Burro di cacao
  • Burro e/o burro anidro
  • Uvetta sultanina, scorze di arancia candite, cedro candito (calibro minimo 8 x 8)
  • Lievito naturale
  • Sale

Si possono utilizzare in aggiunta:

  • Miele
  • Malto ed estratto di malto
  • Vaniglia
  • Aromi naturali e/o naturali identici.

Non è consentito l’uso di alcun altro ingrediente, ed in particolare di: lievito di birra, amido, grassi vegetali (ad esclusione del burro di cacao), siero di latte e derivati, lecitina di soia, coloranti, conservanti.

Sono questi i sapori del vero panettone.